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venerdì, novembre 01, 2019

Ippica in lutto: Addio a Pio Bruni, aveva 101 anni! Ultimo testimone di una ippica scomparsa

Se n'è andato Pio Bruni. Come si dice in questi casi, in serenità. Il grande Pio, ultimo baluardo di una ippica che non c'è più si è spento tra le braccia della sua famiglia ad un anno dal compimento dei suoi 100 anni. 
Nell'Agosto del 2018 anche il Sindaco di Milano Beppe Sala ha partecipato alla festa per i 100 anni di Pio Bruni consegnando l'Ambrogino d'oro, il riconoscimento per particolari figure storiche che compiono 100 anni. 
Pio Bruni. 101 anni, è stato Presidente della Trenno e della Sire, oltre che anima pulsante della Razza di Vedano, e fino a qualche anno fa a capo del Comitato Nazionale Galoppo (CNG), e dunque è stato l’ultimo testimone di un settore che ovviamente non sentiva più suo da tempo, ma per il quale ha continuato lo stesso a esprimere le sue idee con enorme vigore e forza. Qui è ritratto con l'amico di una vita Pinuccio Molteni, anche lui scomparso negli ultimi anni.
Trattasi di un vero gigante dell’ippica, la cui esperienza è impossibile sintetizzarla in poche righe. Ha attraversato vari strati della storia della nazione, peraltro, e fino a qualche tempo fa era ancora uno dei pochi diretti testimoni dello storico incontro tra il cardinale di Milano Ildefonso Schuster e il capo del fascismo Benito Mussolini, nel pomeriggio del 25 aprile 1945 quando si svolse l’atto conclusivo del fascismo, nella stessa città, Milano, dove nel 1919 era nato il movimento dei Fasci di combattimento. Bruni era tornato dalla Russia, dove il 24 agosto 1942 aveva partecipato all’ultima carica della cavalleria italiana a Isbuscenskij. «Dopo un breve periodo da rifugiato in Svizzera — ha raccontato Bruni in un’intervista al Corriere — fui chiamato dal generale Cadorna, che si fidava di me essendo stato mio comandante nel reggimento Savoia, al Corpo volontari della libertà. I miei erano principalmente compiti di intelligence: facevo la spola con la Svizzera e tenevo i contatti con gli Alleati».
E si arriva così al 25 aprile 1945. «Un industriale, Gian Riccardo Cella, mi aveva fatto sapere che Mussolini era disposto a trattare la resa. Portai subito l’informazione a Cadorna e al Cln ed ebbi l’ordine di stare in stretto contatto con Cella. La mattina del 25 aprile mi chiamò finalmente Cella, avvertendomi che Mussolini voleva incontrare l’arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster. Andammo in prefettura dov’era Mussolini, con la macchina di Cella, una Isotta Fraschini di colore violaceo, e quindi velocemente verso piazza Fontana. In arcivescovado fummo introdotti nell’appartamento del cardinale e, nei primi momenti, fui l’unico testimone di un colloquio pacato, tra Schuster e Mussolini, che si era accasciato su un divano rosso e ascoltava la voce calma del suo interlocutore che lo invitava all’espiazione, citando Napoleone e san Benedetto».
Di lì a poco il colpo di teatro: «Nel salotto cardinalizio entrò il segretario di Schuster, don Giuseppe Bicchierai, che portò la notizia, di cui si vociferava da giorni e che colse di sorpresa solo Mussolini: “I tedeschi hanno firmato la resa”. Ci fu un attimo di silenzio e il capo del fascismo ebbe uno scatto. Alzandosi dal divano sul quale si era accasciato, urlò: ci hanno traditi, i tedeschi ci hanno traditi un’altra volta. Poi aggiunse: noi andiamo in prefettura. E partì con i suoi collaboratori».
Nel dopoguerra, declinati gli inviti di Ferruccio Parri (a entrare in politica) e di Enrico Mattei (a seguirlo nell’avventura dell’Eni), Pio Bruni ha svolto con successo prima attività di import-export con la Svizzera e poi è stato amministratore delegato e presidente di una impresa metalmeccanica italo-tedesca. Negli ultimi anni si è occupato esclusivamente di cavalli, la sua grande passione.

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