Per noi, è come se avesse vinto lo stesso e in fondo, una cavalla del genere, non ha mai perso. Nel passo d'addio Zenyatta (Street Cry) cede la corona ad un cavallo infinitesimamente inferiore, quel Blame (Arch) che ha avuto la sfortuna di incontrarsi con una Regina mediatica, e sarà ricordato non come vincitore del Classic, ma colui che ha battuto una cavalla imbattibile: ma è la storia di una corsa. Quella della vita agonistica di Zenyatta è lunga e colma di successi, ed il film a lei dedicato, non renderà mai la stessa emozione che vederla in corsa. La mastodontica femmina ha catalizzato flash e attenzioni dei media, forse più nervosa che nelle altre occasioni, ed ha regalato brividi lungo la schiena; in corsa è partita male, malissimo, forse con atteggiamento vanitoso, (a proposito, ma le erano stati tolti i tappi dalle orecchie?) come se dovesse fermarsi dopo duecento metri, quando aveva 10 lunghezze di distacco dal penultimo. Tutto questo mentre Mike Smith l'ha stimolata per farle aprire il compasso e cominciare la sua lunga progressione, recuperando lunghezze su lunghezze, circa 40, calcolando quello che aveva perso in partenza, e finendo ad una corta testa dalla gloria, "basculando" come al solito al largo di tutti, macinando metri su metri, ma perdendo, ma questo è un dettaglio al momento. Gli altri? non ci interessa, così come non ci interessa commentare il comportamento censurabile di Gomez irrispettoso verso una cavalla che ha fermato l'America. Ma chi era Blame prima d'ora? e chi sarà Zenyatta ancora? Per lei ora si aprono le porte dell'allevamento, come lo scorso anno, oppure continuerà ad emozionare gli spettatori di tutto il mondo.
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